09/01/24

Prima che il treno parta

 


Mentre aspetto che il treno parta, concentrato nella lettura delle bozze di un bell'articolo sull'ultimo film giapponese di Wenders, ogni tanto mi sembra di avvertire la piccola scossa che precede l'avvio, due tre quattro volte, come una prova, un saltello per prendere slancio, ma ogni volta, guardando fuori dal finestrino, vedo che siamo ancora fermi, il treno e io, e che non abbiamo nessuna fretta di anticipare la partenza; che stiamo bene così, in uno stato di immobile sospensione, in una pura attesa che invece di essere è proiettata verso qualcosa che deve avvenire, se ne sta in se stessa come uno stato autonomo, pacifico, senza ansia che un futuro incombente, per quanto tenue come l'inizio di un breve viaggio, comporta.

Un’attesa senza futuro, senza complemento esterno, appagata di sé, di non essere attesa di niente, in fondo, una condizione fuori dal tempo che non richiede di uscire da sé, di sopprimersi in un’attuazione o in un cambiamento che sarebbe anche il suo coronamento, che a suo modo è già realizzato in lei stessa per come è, perennemente e perfettamente compiuto nella sua perenne incompiutezza.

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