11/02/24

Vicino e lontano dalla pagina (appunti per niente. 45)


 

C’è questo scrittore che scrive piccole storie, visioni, aneddoti o semplici divertimenti, se non addirittura scherzi, e lettere, aforismi, diari, in frammenti più o meno lunghi che separati gli uni dagli altri danno spesso a ciascuno l’apparenza di un racconto autonomo e rifinito, e messi insieme a gruppi, l’idea di qualcosa di più grande e omogeneo che prende la forma di un libro, e non di una semplice accozzaglia o accidentale raccolta, o di un romanzo, tutti incompiuti però, ma che, considerati tutti nel loro complesso, un’opera che potrebbe anche essere misteriosamente coerente, come una sfida lanciata a chiunque voglia raccoglierla, il quale si impegna ogni volta a tutta una serie di altrettanto piccole operazioni in vista di una comprensione che non deve, che non può essere incompleta e deludente, e per far questo cerca gli indizi in ogni lacerto, o addirittura in ogni frase, avvicinandosi sempre di più a ciò che trova scritto, ma nello stesso tempo allontanandolo sempre più da sé e da qualsiasi comprensione, per cui quando a contraltare della troppa prossimità cerca di allontanarsi un po’, e poi di più, tanto, tantissimo, così da potervi intravedere, se non proprio vedere, tutto l’insieme come mondo decifrabile e coerente, con un messaggio ampio e profondo, una chiave, anzi una miriade di chiavi che aprano infinite porte, tutto gli si rivela confuso, enigmatico, sconcertante e misterioso, pur emanando bagliori quasi accecanti, prima questo e poi quello, e poi infiniti altri, così che è portato a avvicinarsi di nuovo, a immergersi, guardare da vicinissimo, respingendo sempre più lontano la visione e la comprensione che deve allora ricominciare da capo, sempre più imperscrutabile, perché i frutti dei precedenti movimenti sono sempre lì, e per quanto si vorrebbe gettarli via tutti, fare piazza pulita e ricominciare davvero da una tabula rasa, questa appare già da sempre ingombra, lunghissima come la più grande muraglia, altissima come la torre più alta, profonda come l’acqua su lui cui sta galleggiando senza poter alzarsi in volo da essa o andare a fondo.


Kafka, Un medico di campagna, Mondadori 2024, a cura di Luca Crescenzi (molto interessante)

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