24/06/14

Il barocco, la merde et moi



 
La merde est l’impensé du Baroque, sa limite non-dite. Si fanno nature morte per non parlare della merda. Piuttosto si parla della peste. La natura morta è l’esorcizzazione della puzza: si estetizza, si anestetizza, il cadavere, la putrefazione, la lordura. La natura morta è il freezer dell’estetica. Soprattutto quella barocca. E se qualcuno cerca di uscire da questo cerchio magico e di mostrarlo, vuol dire che non è ancora, o non è già più barocco: è Caravaggio, è Rembrandt. Nel Barocco invece la merda taciuta domina incontrastata, continua a salire, et à salir, finché deborda e scoppia come una fogna intasata. E allora siamo nel Rococò.
E’ evidente infatti che la forma principe del Rococò, il modello di tutti i suoi stucchi, l’oggetto trascendentale che esso non può cogliere e si sforza invano di camuffare con i suoi colorini e di non ripetere nella denegazione del suo oro, quando ogni luogo e ogni persona, dalla città alla campagna come dal nobile allo straccione, ne sono pieni, è lo stronzo. La fragilità del Rococò, persino superiore alla miseria del Barocco, ma anche quel suo versante di satura seduzione (eccessiva: vomitevole, appunto), sta proprio in questo: nell’aver negato la merda con la proliferazione dello stronzo. Di qui la sua astrattezza; l’uomo non c’è infatti: il suo modello è lo stronzo di animale, con la sua varietà di colori e di forme stratificate e attorcigliate, non la monotona cacca umana. Così la negazione graziosa sostituisce quella epica.
In fondo, però, questo non allarma nessuno: gli artisti rococò restano pur sempre dei simpatici cretinetti, gente amabile, di compagnia, cui giova persino la cipria delle sue lievi manie.
Più sgradevole e penosa la condizione dei loro correligionari barocchi, tragici, in un certo senso, come tutti i precursori del nulla (gli epigoni, come è noto, sono solo ridicoli). Come precursori poi, i barocchi erano addirittura troppo precoci, tanto che sono incappati nella peggiore delle disgrazie: non hanno conosciuto la psicanalisi. Se l’avessero conosciuta, allora sì che non si sarebbero sforzati tanto per sfuggire alla merda. Eppure è strano: riches et peintres, la merde c’est leur affaire. Ne girava tanta, allora, che nessuno, pare impossibile, la vedeva; o meglio: la profusione di merde rendeva invisibile la Merda. Così questa, per non essere fissabile, dallo sguardo e in una forma, è diventata impensabile.
La merda non ha forma: è l’informe che precede ogni forma (c’est l’informe qui devance, auquel pré-cède, toute forme). Per i barocchi, la merda è come per i fredduristi l’amore: tutti sanno che c’è, ma nessuno sa dov’è né cos’è. Difatti nessuno la può pensare fino in fondo. Come l’amore, la merda si fa soltanto.
 Quanto a me, j’aime pas la merde, moi. Je suis propre. J’suis bien élevé, moi. Y en a déjà trop qui aiment la merde, qui en ont la bouche pleine. Pas moi. J’suis poli, moi, et surtout propre (vaut mieux le redire). Ça salit, la merde, ça pue: et moi, j’aime pas ça. Ça est haïssable.
Rien de sale en moi, ni les mains ni autre chose. D’ailleurs je me lave dès que je peux. E poi (et puis) mi curo, mi premunisco: evito ogni luogo e occupazione che possano insudiciarmi, tengo sempre in tasca, in borsa, a casa e in auto profumi, deodoranti, antitraspiranti, saponi, fazzoletti disinfettanti, spugnette e spray per la bocca e tutti gli orifizi e le cavità e approfitto di ogni momento libero per usarli, anche in pubblico se occorre. (Certi orifizi e cavità in pubblico no.)
Ma a che serve? Stercorario è già il semplice contatto con gli altri e con ogni cosa. Appena metto un piede fuori casa, fendo un’aria densa e insana contro la quale a nulla servono i guanti, il berretto calcato fino alle orecchie, gli occhiali e le mascherine che cambio ogni pochi minuti, e il mondo mi avvolge soffocandomi con tutto il suo sudiciume.
Ora esco il minimo indispensabile, ho cambiato casa e dall’appartamento che avevo prima, troppo grande e ingovernabile, mi sono trasferito in un bilocale che passo tutto il giorno a pulire. Eroismo inutile, perché tutto, ogni cosa mentre ne sto pulendo un’altra o mi lavo, e più ancora io stesso anche se non faccio niente, subito riprende a sporcarsi, a traspirare, a spurgare e soprattutto a puzzare, fino a sommergermi.
Impossibile resistere. Passi per le cose, al limite estremo, ma io? Così ho deciso di eliminare le cause, siccome non riuscivo ad arginare gli effetti. Solo quelle radicali sono vere soluzioni. E quindi mi sono tagliato via le ascelle, l’incavo delle ginocchia, gli inguini, il terribile pene con le sue barbariche appendici, le natiche e l’ombelico. Ma non bastava: tutto emanava ancora puzza, la sporcizia conquistava ogni centimetro quadrato della mia epidermide (per non parlare dell’immondo brulichio sotterraneo), ogni cellula riprendeva a secernere a getto continuo, tanto che ho dovuto scorticarmi completamente, e poi amputare il naso, le orecchie e la bocca, strapparmi gli occhi, eliminare la piaga perenne dei piedi, mozzare il collo, e infine le mani.
Eppure non mi ero ancora liberato. Ancora il fondamento, la radice ultima della mia disperazione all’assoluta pulizia, mi irrideva dalla rocca della sua smaterializzata intangibilità; il niente glorioso su cui era rinchiuso, nella sua totale estraneità alla mia sorte, impersonava l’ineluttabilità della mia sconfitta. Non potevo indugiare oltre, dovevo decidermi almeno a tentare. Allora mi sono fatto coraggio e, chiamate a raccolta le poche forze residue, ho tagliato via anche il buco del culo.



appunti presi in macchina, negli anni 80, prima mentalmente e poi fermo in una piazzuola, come in una specie di delirio, mentre stavo andando a un convegno non ricordo più su cosa. A Como o da quelle parti. Non ci sono arrivato.

2 commenti:

  1. Federico De Leonardis scrive:

    Dopo tanta leggerezza, per carità anche piacevole (le cicogne, mamma e papà che t’aspettano – toccati le balle cretinetto — estratto dal racconto balneare — la Smrgnaffa è piuttosto allergica agli scherzi! – il mostro del fiume, la pioggia a Mirabilandia), un testo denso, denso e puzzolente come il suo protagonista, pieno di allusioni, deciso e cattivo, soprattutto cattivo. Sul quale si può anche non essere pienamente d’accordo (je te rappelle que Gianbattista Tiepolo, il più grande disegnatore di tutti i tempi, e Mozart, che se non lo è come musicista poco ci manca, étaient tous les deux barocchetti e il secondo, per lo meno nelle lettere, amait parler souvent avec sa famme de sottises e saletés), ma che sta in piedi proprio per l’audacia delle sue affermazioni. Condotta sul filo dell’ambiguità (mi rifiuto di pensare che come italiano tu non abbia subito dal Barocco una buona dose di fascino, con o senza la Merda), la tua analisi dei guasti della psicanalisi non fa una piega: fortunati appunto i Borromini e i Longo, perché Freud era di là da venire. Che poi “la merda non abbia forma e preceda ogni forma” lo conferma appunto il fatto che il Barocco non ami parlarne: lui di forma se ne intendeva, eccome! Tu, con audacia, ti sei impegnato a dargliene una letteraria e tutto sommato, malgrado o forse proprio per l’avventatezza di certe affermazioni sull’estetica, anestetica del secolo d’oro della nostra cultura, ci sei riuscito. Caro Luigi, la seconda parte del tuo scritto ho il sospetto tu l’abbia aggiunta in seguito e azzardo recentemente: per me è un po’ troppo lunga e spezza l’incantesimo della prima, decisamente più forte.
    Non ci crederai ma proprio stanotte ho avuto a che fare con un inaspettato quanto sgradevole contatto col prodotto del mio intestino e la cosa mi ha svegliato completamente. Così mi son messo a leggere il tuo blog e certamente quanto mi è successo ha influenzato il mio giudizio sugli ultimi pezzi. Ma niente avviene per caso…
    Oppresso dalle troppe cipolle ingerite a cena in tutte le salse e per evitare alla consorte le inevitabili conseguenze dell’HS (che come è noto è un gas piuttosto scostante), mi alzo nel pieno della notte per raggiungere il luogo delle decisioni e sedermi su quella che i medioevali avevano battezzato la comoda, ma che lo è diventata davvero più o meno all’epoca in cui, interpretando malignamente il bisogno borghese di pulizia, un certo artista (artista?) Dada ne rovesciò il gemello, atto però a accogliere solo le deiezioni liquide. Un richiamo genetico alle mie origini naturali (e cosa c’è di più naturale dell’atto quotidiano di svuotare l’intestino?), visto che a Milano è impossibile trovare del plain aire, mi ha abituato a appollaiarmi sull’asse nella posizione che l’umanità ha tenuto per quest’operazione da tempi immemorabili, prima ancora di essere umanità, ma ha interrotto bruscamente appunto all’epoca della bell’Epoque (con conseguenze devastanti, credimi; infatti sono fermamente convinto che la causa principe della diffusione della stitichezza sia proprio dovuta all’intervento di questo tabù: bisogna sedersi!). Ma purtroppo, l’ora ed il tempo e la dolce stagione, malgrado la spinta del solfidrico, non mi sono stati favorevoli e mi hanno fatto sostare troppo a lungo nella posizione accennata. Quando insoddisfatto dell’operazione e stanco delle lungaggini e dei conati mi seggo, mi accorgo che la posizione era troppo arretrata e che l’asse della comodissima era stato contaminato del prodotto elaborato dal mio corpo dopo lunghe e barocche contorsioni al suo interno. Il resto lo puoi immaginare.

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  2. La mia risposta:
    Grazie per il racconto appassionante delle tue avventure notturne intorno alla tavola del cesso, Federico. Questo pezzo (tutto, anche la seconda parte), risale a un periodo in cui avevo nei confronti del barocco (e della merda) un rapporto ambivalente: ora è più pacifico, almeno dal punto di vista teorico, anche se con uno dei due termini conservo un residuo conflittuale. Ho imparato ad apprezzare alcune nature morte (olandesi, fino a Chardin, che abbiamo ammirato insieme a Ferrara, e oltre) e persino il rococò, specie nella sua versione bavarese.
    A me sembra che sia più scherzoso questo, di molti altri testi all’apparenza più leggeri. La teoria, o la riflessione, mi serviva più che altro come occasione narrativa e come modo di giocare con certe immagini. Se poi ci sono anche idee interessanti, tanto meglio. Grazie e un abbraccio. (E mangia leggero almeno la sera, che non sei più un ragazzino!)

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