26/01/16

Io sono sul balcone



Dopo i temporali che nella tarda primavera arrivano sempre al tramonto – come se avessero durato tutto il giorno la fatica di rappezzarsi assieme per poi scaricarsi in un attimo violento che non impaurisce nessuno, nonostante il loro addensarsi minaccioso a ridosso delle montagne, contro le quali cercano uno stentato appoggio, e poi la corsa precipitosa verso la pianura con la fretta di chi vuole evitare la figuraccia di dissolversi ancor prima di avere assolto il proprio compito – , la luce fatica a tornare indietro, ma non rinuncia a celebrare un suo trionfo un po’ imbarazzato. È come aranciata infatti, ma debole, per quanto ancora capace di assegnare alle cose il loro netto volume, e proietta macchie rosa sulle nubi che vanno verso sud a tentare di ingannare qualcun altro, ma con scarsa convinzione, tanto che una specie di pudore indiretto le tradisce. Il muro di casa mia è invece di un caldo sanguigno, fluido e corposo insieme. Io sono sul balcone che lo fisso, e ogni tanto mi volgo altrove.


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