28/08/18

Sull'avere gli attributi - Rileggendo Macbeth (ma davvero)


Pensavo, rileggendo Macbeth (ma rileggendo davvero, perché rileggere un classico ogni tanto, o ogni poco, fa solo bene: tanto più che così hai la scusa per non leggere una schifezza appena uscita), pensavo, dicevo, che in molte storie, come appunto in quella di Macbeth, sono le donne, come anche nella realtà, ad avere le palle. Ad averne due paia, anzi: uno per sé, per affrontare le loro necessità, che non sono sempre rosee, e l’altro per i loro, chiamiamoli così, compagni. I quali, per dimostrare di non esserne privi, al di là di quelle racchiuse nei sacchettini sotto l’inguine, che non contano, facendo per filo e per segno tutto ciò di cui le donne li dichiarano incapaci portano a compimento i loro desideri ed eseguono i loro ordini anche quando non dati espressamente (andando pure oltre, in questi casi, perché il ricatto, e lo spregio implicito, sono ancora più cogenti del comando esplicito, come ogni figlio di madre vampira sa: per non dire ogni figlio, e fidanzato, e marito, e basta, senza ulteriori specificazioni): si fanno loro strumenti esercitando i poteri che la forza fisica e la posizione economica e sociale concedono loro, ma confermando proprio così di non averle, di esserne irrimediabilmente sprovvisti. Il fatto poi che siano loro i primi, e spesso gli unici, a subire le conseguenze dei misfatti, o solo degli errori, a cui il loro comportamento idiota li ha condotti, suggella con la fine di quella potenza, anche sociale, che avevano creduto di piegare ai propri fini, e insomma con la morte, l’impotenza fondamentale che avevano inteso negare.
Peccato che a volte il moralismo, le convenzioni inveterate, il desiderio di compiacere (cioè l’essere senza palle) induca chi quelle storie le racconta a far subire conseguenze analoghe anche alle signore istigatrici, come appunto Lady Macbeth, che immagina, e di fatto vede riversato su di sé il sangue da lei fatto versare, senza poterlo lavare via, dato che era immaginario, quando invece, a rigore, in quello stesso sangue, ma reale, avrebbe dovuto fare dei bei bagni rigeneranti.

A meno che il Bardo, a nome di tutti gli uomini, inclusi quelli che mai si sarebbero sognati di chiederglielo, come il sottoscritto (uomo di specchiata mitezza), non si sia preso una vendetta simbolica con lei, facendola pagare per tutte quelle che nella realtà l’hanno fatta franca.
La tragedia ha le sue leggi, peraltro. Il mondo va da una parte, le storie dall’altra.



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