07/01/14

La forma più lieve della pietà


Provo sempre meno ripugnanza per le chiacchiere banali che servono solo a tenere aperto il canale; non solo perché tenere aperto il canale, e libero, ben lubrificato, è cosa buona, ma anche perché le chiacchiere sono interessanti di per sé stesse. A prestarci attenzione, non sono mai uguali: prima o poi dell’altro passa. Si parla del tempo, o del traffico, e qualcosa si intrufola sempre, fa capolino, balugina per un attimo solo magari, ma lascia una scia, e spesso è un’ossessione, una fobia, un’ansia; una confessione indiretta e inconsapevole quanto rivelatrice, un appello che si accontenta di un ascolto generico, che chiede timidamente considerazione, cioè senza reclamarla ma appunto per questo con forza irresistibile, considerazione non per ciò che si dice ma per ciò che si è: la forma più lieve della pietà. Quella più delicata e gentile, che non suscita nessuna vergogna né nell’emittente né nel destinatario. Rispondere è già concederla. (E riceverne.) Inavvertibile e inavvertita, ma presente. Efficace. Di tenue luce, eppure radiosa.

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