19/02/16

Politica palmata. 1



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C’era questo assembramento di anatre vicino alla sponda milanese che si è formato in meno di due minuti, il tempo che mi ci vuole per percorrere il ponte. Un’anatra araldo si era messa a starnazzare a tutto gargarozzo e le altre sono accorse da ogni parte del fiume e canali collegati. Un’assemblea generale! Arrivavano spedite, in silenzio. Qualcuna bisbigliando con la vicina in modo piuttosto insolito. Non è gente che brilla per riservatezza.
Appena si sono trovate tutte assieme, l’usciere o cerimoniere che dir si voglia, ha emesso un richiamo secco e acutissimo, l’equivalente palmato di una scampanellata, e la riunione si è ufficialmente aperta. Vale a dire che si sono messe a discutere animatamente all’unisono tutte insieme, nessuna esclusa. Il capo, o facentefunzione, che nel frattempo si era issato su un ramo sporgente dall’acqua, le ha richiamate all’ordine, ma senza risultati apprezzabili. Hanno alzato la voce per farsi sentire meglio, anzi. Avevano gli animi infiammati ormai, lo starnazzo bellicoso. Qualcosa bolle in pentola… Qualcosa di grosso, mi sa!
A turno alcune hanno preso a guardare verso di me che mi ero chinato oltre la ringhiera a vedere cosa diavolo stavano combinando le mie amate. Loro invece mi guardavano con sospetto, scrutando ogni mia mossa come per controllarmi, pronte a chiamare a raccolta le  guardie reali (sono quasi tutte germani), a difesa o, addirittura, per aggredire. Aggredire me! Come se covassero qualche gesto clamoroso. Una qualche dichiarazione di guerra. Un ultimatum.
Tirava un’aria pesante. Più a monte, uno svasso isolato si stava contorcendo con movenze convulse. Si immergeva sott’acqua e poi usciva scuotendo il lungo collo e il becco che stringeva qualcosa che si dibatteva furiosamente per divincolarsi, lungo e sottile, forse una piccola biscia d’acqua o un’anguillina. Lo svasso però non demordeva, agitava il collo da sinistra a destra con scatti violenti, e poi alzava il becco e allentava la presa quel poco che sperava fosse sufficiente a ingoiare la preda, ma non abbastanza perché questa gli sfuggisse.
Ho fissato lo sguardo nella sua direzione, un po’ perché quella lotta disgustosa aveva attratto la mia discutibile empatia e un po’ per segnalare alle anatre che non ce l’avevo con loro. Quelle tuttavia non avevano smesso un istante di misurare ogni mia mossa e avevano caricato ancora di più la molla della loro aggressività.
Allora, per evitare conseguenze spiacevoli, mi sono tirato su e me ne sono andato con passo circospetto, trattenendo l’impulso a fuggire a gambe levate. Appena uscito dal tornello alla fine del ponte però, invece di proseguire sulla solita stradina sterrata verso il ponte del canale, ho piegato a destra, verso il bosco, e non appena ho raggiunto il folto della vegetazione mi sono messo a correre.
Se proprio vogliono distruggere il mondo, che non comincino da me! Almeno un po’ di spettacolo me lo voglio godere.

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