22/04/19

Il giorno dell'Angelo




Stiamo andando a trovare i miei genitori, che hanno trascorso le vacanze pasquali nella loro casa sul lago, per festeggiare assieme, come ogni anno, l’onomastico di mia moglie e di mio padre. Il traffico è scorrevole: Angela guida tranquilla con un orecchio alla radio, io leggo il giornale di ieri cercando di non sentirla, la radio. Ogni tanto scambiamo qualche battuta. Nei momenti di pausa, tra un titolo e l’altro, getto occhiate svagate attorno, alle colline che si avvicinano, alle loro viscere, bianche e gialle, messe a nudo dalle cave e brillanti nell’aria lucida del mattino, alle macchie di neve sulle montagne più in fondo. Una pagina dopo costeggiamo un cimitero, alcune villette di muratori ed ex emigranti sfiorate da un modesto delirio che le trattiene al di qua dell’orrore, il piazzale delle terme, piccole vigne famigliari ancora spoglie. Un’altra pagina, niente di interessante.  Fuori del finestrino c’è un prato pieno di bocche di leone tra l’erba folta, alta e scura dopo giorni di pioggia. Mentre lo guardo, attratto dal colore dell’erba, all’improvviso sento gli steli crescere, uno per uno e tutti assieme, attraverso la terra e immediatamente, nemmeno una frazione di secondo, dentro di me.
Ho sentito l’erba farsi strada dentro i pori della mia pelle che le si aprivano incontro; ho sentito il loro dischiudersi che si propagava come una folata che a raggiera, partendo dal braccio destro, quello con cui sto ora scrivendo mentre ancora non si sono richiusi, si diffondeva in tutto il torso, sulle spalle e sui pettorali soprattutto, percorsi da un brivido dell’epidermide, ma più ancora da un movimento sottocutaneo, ondulatorio, come se ogni fibra, invece di semplicemente stare accanto alle vicine, le invadesse e si accoppiasse con loro, mentre gli occhi  lentamente si inumidivano. E’ durato due minuti, non di più e non di meno. A riportarmi in me è stata non la lucidità ma la meraviglia, la stessa che mi ha subito condotto la mano alla biro e che la guida mentre ora sto scrivendo. La stessa che non accenna a svanire ora che ho scritto.


Nessun commento:

Posta un commento