19/04/19

Sulla sanità mentali di certi popoli (appunti per niente 6)



Leggendo Ivy Compton-Burnett non c’è da meravigliarsi che l’antipsichiatria, soprattutto quella che si è dedicata alla famiglia come matrice patogena, abbia avuto tra i suoi più grandi rappresentanti proprio degli inglesi, come Ronald D. Laing e A. Esterson, autori del classico "Normalità e follia nella famiglia" (Einaudi, 1970) con l’accento che mette sull’istituzione famigliare come incubatrice e principale vettore di propagazione di gran parte delle psicopatologie, specie di quelle che restano confinate, tramandandosi identiche per generazioni, al suo interno. Le diverse eppur simili dinamiche descritte dalla scrittrice sono così rappresentative della società inglese che c’è da stupirsi che ci sia qualcuno di sano in giro per l’isola. A meno che quel tipo di follia non sia la forma nazionale inglese della sanità mentale, che sorregge la convinzione dei britannici di essere superiori a tutti gli altri popoli, affetti da demenze più banali.

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