14/10/22

C.D. Friedrich, Veduta dalla finestra destra dello studio.


  

 

Guardando il quadro di C.D. Friedrich Veduta dalla finestra destra dello studio dell'artista, mi è venuto da pensare che io avrei intitolato, piuttosto, veduta "della" finestra (e del muro) dello studio. È la finestra l’oggetto principale del quadro, infatti, per me, non il paesaggio su cui essa apre. Finestra che sta, ovviamente, per il quadro stesso, per la delimitazione dello spazio su cui entrambi permettono di gettare uno sguardo, cioè una veduta, organizzandolo attraverso il loro perimetro (come sanno tutti i pittori di tutti i tempi, e come ha mostrato il didattico Magritte, con il suo La condizione umana). Siamo nello studio dell’artista, un soggetto nel quale di solito viene rappresentato l’artista mentre lavora e il quadro che sta dipingendo, oltre a volte l'oggetto che sta dipingendo (per esempio la Madonna se si tratta di un San Luca), a volte con tutto l'ambiente e astanti vari. Qui il soggetto non sono né lo studio né l’artista al lavoro, bensì un muro (che a sua volta ha a che fare con la tela vuota), la finestra, i riquadri dei vetri chiusi e aperti, uno in senso perpendicolare allo sguardo, l’altro in modo da mettere l'accento sull’angolo prospettico che peraltro è denotato anche dalla liscia strombatura in cui la finestra è inserita. Lo studio è il luogo dei quadri, e questo quadro è un quadro di riquadri. È una veduta sul vedere, più che su ciò che è visto, che è quasi nullo, dove la finestra è aperta, e nullo attraverso i vetri più alti (anche se questo può aprire a diverse considerazioni sul vuoto, il finito e l’infinito ecc., che oggi non sono proprio in vena di fare): cielo, alberi case e colline, una barca sul fiume, e l’alberatura di una barca dalle vele abbassate che inserisce con i suoi cordami delle diagonali in uno spazio per il resto suddiviso da linee ortogonali, a parte la dolce curva della svasatura della finestra che apporta un’ulteriore sfumatura, più luminosa, al concerto della complessiva monocromia. L’artista è assente, c’è solo il risultato del suo sguardo che ha scelto quella porzione di spazio del suo studio, l’angolo che da quello vede, magari mentre sta dipingendo una tela che qui non compare, e gli oggetti, o parte di essi, che intende rappresentare. Mentre nella corrispettiva tela che raffigura la finestra di sinistra, dove l’angolazione della visuale è più accentuata, c’è solo un accenno a un quadretto appeso alla parete, in questo ce ne sono due, a sinistra, tutti mostrati in una minima porzione, sotto i quali è appesa, ben visibile una forbice, mentre sul muro destro del corrispettivo con la finestra sinistra è appesa una chiave. Una chiave e una forbice. Un invito a aprire, una; l’allusione all’operazione di tagliare, l’altra. Anch’io taglio qui.

 

 

 


 

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