27/10/22

La cosiddetta cosiddetta


Ci sarebbe questo scrittore per il quale ogni parola è una citazione, la cosiddetta società, la cosiddetta arte, ecc., (a cui io aggiungo la cosiddetta cosiddetta), che dichiara impossibile giungere a una qualche verità per quanto vi si tenda (si debba tendervi) e dai cui testi è quindi impossibile estrarre anche una sola frase, per quanto attraente (e ve ne sono a bizzeffe) perché non corrisponderebbe a nessuna certezza indiscutibile, e i commentatori, certo, dicono, è proprio così, ma poi citano lo stesso, come farò io, e quando vogliono avere le spalle coperte si appoggiano al muro delle dichiarazioni del suddetto autore in interviste o discorsi o interventi vari in prima persona, a proposito dei quali però io, sì: io, non vedo perché dovrebbero essere meno menzognere, labili, inconsistenti di ciò che viene estratto da romanzi e drammi, a meno che, certo, non sia un qualche valore di verità che si intende sbandierare, bensì un uso personale, ai propri fini, dichiarati o meno, che si ammantano dell'autorità di un nome o della forza o grazia della citazione, che allora... Eh sì: allora.
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(E' un vecchio appunto. Rileggendolo per caso oggi, mi chiedevo a chi si riferisse: potrebbe essere adatto a tanti. Anche al sottoscritto, per molti versi. E invece poi mi sono accorto che riguardava un autore, non dirò quale, di cui ho finito di leggere l'ultimo libro proprio ieri.)

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